Un recente pronunciamento della Corte Suprema del Regno Unito ha sconfessato il Governo e aperto un nuovo caso diritti umani: non è solo l’Arabia Saudita a preoccupare, lo sport è davanti a un problema morale serio.
L’Arsenal non ha intenzione di porre fine al contratto di sponsorizzazione di Visit Rwanda, nonostante la Corte Suprema del Regno Unito abbia stabilito che il Ruanda non è un paese sicuro in cui inviare i richiedenti asilo.
La scorsa settimana la Corte Suprema del Regno Unito ha stabilito che il piano del governo di inviare immigrati clandestini in Ruanda è “illegale” e che il paese ha “una cattiva situazione in materia di diritti umani” secondo Lord Robert Reed, il presidente della corte.
Ora, lo so che vi state chiedendo “ma come, inviare immigrati clandestini in Ruanda?”, ma tant’è. Come spiega bene la BBC, vi era un piano governativo per utilizzare il paese africano come destinazione. Un piano annunciato nell’aprile 2022, con un volo già programmato per il giugno 2022, che poi è stato stoppato dall’autorità giudiziaria.
I risvolti sportivi, tuttavia, sono altri.
L’Arsenal ha un accordo da 10 milioni di sterline all’anno con il Ruanda per sponsorizzarne il brandi turistico, e il club afferma di non volervi rinunciare, perchè la partnership mira a promuovere il potenziale turismo, non a sostenere la leadership o la politica del paese.
Recentemente un portavoce del club ha dichiarato:
Da quando la nostra partnership è iniziata nel 2018, abbiamo lavorato insieme per raccontare la storia del Ruanda in termini di cultura, patrimonio e transizione, oltre a sensibilizzare il paese come destinazione per le vacanze. Un anno dopo l’inizio della partnership, il Ruanda i ricavi del turismo sono aumentati del 17% e i turisti provenienti dall’Europa sono aumentati del 22%.
Il tema è ampio e va ben al di là di questo singolo caso.
Un anno fa di questi tempi tenevano banco le discussioni sui diritti umani in Qatar. Da allora il paese è stato sostituito dall’Arabia Saudita, la cui escalation con l’ormai scontata assegnazione del mondiale 2034 ha sollevato ulteriori polemiche.
Human Rights Watch si è lamentato del fatto che la FIFA non starebbe applicando le proprie regole riguardo alla candidatura dell’Arabia Saudita, in particolare l’articolo 7 della sua politica sui diritti umani.
L’articolo afferma:
La FIFA si impegnerà in modo costruttivo con le autorità competenti e le altre parti interessate e farà ogni sforzo per sostenere le proprie responsabilità internazionali in materia di diritti umani.
Minky Worden, direttore delle iniziative globali di Human Rights Watch, ha dichiarato:
La possibilità che la FIFA possa assegnare all’Arabia Saudita la Coppa del Mondo del 2034 nonostante il suo spaventoso record di diritti umani violati e la porta chiusa a qualsiasi monitoraggio fa apparire gli impegni della FIFA nei confronti dei diritti umani come una farsa.
Ed anche nel mondo della pallamano (ne ho parlato qui) il crescente interesse dell’Arabia Saudita fa discutere.
Andreas Michelmann, presidente dell’Associazione tedesca di pallamano, vorrebbe subordinare l’eventuale assegnazione di un mondiale ai sauditi a determinate condizioni, ad esempio in Arabia Saudita.
Anche in termini di diritti umani.
Ma anche molto meno, afferma Michelmann in una intervista a Mannheimen Morgen ripresa da Kicker:
Una delle richieste minime potrebbe essere che le donne possano giocare a pallamano in un paese come l’Arabia Saudita con la stessa naturalezza degli uomini.
E se possibile, in abbigliamento sportivo. E se queste richieste non vengono soddisfatte, ci devono essere delle conseguenze.
L’IHF, la federazione internazionale, ha minimizzato il suo ruolo. Per ora. “Noi siamo la federazione – dicono – tutt’al più possiamo avanzare richieste”.
Infine, e qui non vi nascondo che mi sono messo a ridere, c’è chi si pone dalla parte del moralizzatore.
È il “nostro” Gabriele Gravina, presidente della Federcalcio italiana, che ha rivelato in una recente intervista di aver rifiutato l’offerta dell’Arabia Saudita di ospitare il mondiale 2030.
Nel mondo dello sport sono fondamentali le questioni morali: non si può far finta di nulla sempre.
Ma a cosa si riferisce con quel “non si può far finta di nulla sempre”?
Probabilmente alla Supercoppa Italiana (che viene organizzata dalla Lega Calcio, bene precisarlo, non dalla Federazione, che le è comunque gerarchicamente superiore) ma sulla quale non risulta emerso il suo rigore morale.
In quel caso: opposizioni mon pervenute. Coerenza nemmeno. Populismo a pacchi. L’ultima cosa di cui avremmo bisogno.
Opinione personale. Non sono tra coloro che credono che i boicottaggi sportivi risolvano il problema. Sono ideologicamente contrario ai muri e non credo che i muri giusti siano diversi dai muri che i miei valori ritengono sbagliati.
Sono anzi convinto che solo l’apertura e il dialogo, anche e soprattutto in materia di sport, rappresentino la via per il miglioramento.
Per questo ho evidenziato, poco sopra, “la porta chiusa a qualsiasi monitoraggio”. Perché credo che la FIFA non possa acriticamente aprire le porte a chi chiude le porte a quelli che la FIFA dichiara essere i propri valori di inclusività.
E lo stesso naturalmente vale per qualsiasi situazione. Sia quella dell’Arsenal che monetizza promuovendo il turismo in un paese considerato “non sicuro” cosi come dell’IHF di pallamano che non avrà la risonanza della FIFA, ma ha l’onere e l’onore di portare il suo sport in giro per il mondo.
Ed insomma, a 11 anni dai mondiali del 2034 mi auguro che la FIFA ponga qualche condizione di avvicinamento a quell’evento, perché la strada è lunga, ma la moneta non può essere l’unico modo per misurare ed accettare una candidatura. E soprattutto le convenienze estemporanee non possono essere il metro di valutazione di queste situazioni.